Le Chiese

Chiesa: S. Attanasio

Incerta è la fondazione di questa chiesa, ma nelle lezioni di S. Attanasio si apprende che i sorrentini, grati per i benefici ricevuti dal santo vescovo, gli eressero fuori dalle mura della città "non ignobile templum extra menia Civitatis posuerunt", l'unico della diocesi dedicato a S. Attanasio vescovo.
Nel 1605 la chiesa fu elevata a parrocchia da mons. Provenzale, e nel Sinodo diocesano dal 1654 ottenne il diritto di precedenza, rispetto alle altre parrocchie suburbane di Sorrento, nel donare, il giorno della festività dei santi metropolitani Filippo e Giacomo (1 maggio), un albero fiorito all'arcivescovo pro-tempore.
Agli inizi la chiesa veniva amministrata da tre deputati: due erano eletti dai sedili di Porta e Dominova, il terzo dal popolo. Ciò perdurò fino al 1700 anno in cui la chiesa fu affidata alle cure di don Agnello della Porta.
In origine la parrocchia comprendeva un vasto territorio di cui facevano parte i casali di Fregonito, Crocevia, Li Schisani e il Capo di Sorrento.
Quest'ultimo, formando una nuova parrocchia, se ne distaccò nel 1732, ma gli rimase l'obbligo di offrire ogni anno, nel giorno della festività di S. Attanasio, una torretta di cera bianca lavorata alla chiesa di Priora.
La parrocchia di S. Attanasio a Priora possedeva inoltre diverse rendite provenienti da cappellanie e fondi rurali. Agli introiti di tale tipo si aggiungevano gli "obblighi di messe", tra i quali è da menzionare quello relativo alla famiglia Sersale, la quale faceva celebrare ogni sabato, all'altare del SS. Rosario una santa messa, come attesta la lapide marmorea (A.D.MDCXXXV) per i fratelli Curzio ed Antonio Sersale.
La chiesa è a due navate; la maggiore è coperta da un cassettone a tela, mentre l'altra, più piccola, con ingresso indipendente, è con volta  a botte e si conclude in uno spazio quadrilatero cupolato ove è ubicato un altare in piperno sormontato da una tela settecentesca raffigurante la Vergine. Questa navata corrisponde con molta probabilità all'antica cappella fatta erigere dalla famiglia Marina o Marino di Massa Lubrense.
Nella navata maggiore si notano due altari, uno in marmo e l'altro in fabbrica, fatto costruire dalla congrega del SS. Rosario, ed una lapide fatta erigere dal parroco D'Ardia nel 1829 in ricordo dei lavori di restauro eseguiti.
L'altare maggiore, tutto in marmo, è dedicato alla Madonna delle Grazie ed è sormontato da una grande tela del pittore De Episcopo (1776). In una piccola nicchia al lato sinistro dell'altare maggiore è deposta la statua a mezzo busto di S. Attanasio vescovo.
Inoltre vi sono nella chiesa alcune sepolture: quella per i sacerdoti presso l'altare maggiore (A.D. 1706), quella per i bambini poco distante dall'ingresso, una al lato dell'altare della navata laterale, sotto la cupola,costruita nel 1861 dal parroco d'Ardia ed un'altra appartenente alla congrega del SS. Rosario (A.D. 1786).
L'ingresso rivolto a Sud, prospetta su una piccola piazza, limitato a sinistra dall'antico percorso che collegava la frazione alla città di Sorrento, e a destra dal campanile, che ha ingresso autonomo e si sviluppa a due registri.


Chiesa: S. Maria del Toro

E' difficile stabilire con certezza l'anno di costruzione di questa piccola chiesa. Ciò è in parte dovuto alla mancanza di atti e documenti, che riescono a indicarne, una esatta e convincente collocazione temporale.
Si presume, comunque, che la chiesetta esistesse già nel secolo XVII, poiché è menzionata in un atto del notaio Giovanni Cangiano, stilato nel 1682.
Nello stesso periodo si costituì la confraternita di Santa Maria del Toro, composta da laici che amministravano le rendite di piccole proprietà agricole.
Il cappellano che svolgeva anche il ruolo di rettore era nominato direttamente dagli abitanti della contrada Crocevia, ve tale chiesetta era ed è ubicata.
Dai documenti della citata Confraternita risulta che nell'800 la chiesetta era in precarie condizioni di staticità (completo stato di abbandono, volta di copertura pericolante per molteplici lesioni) per cui fu adottato un progetto di urgenti riparazioni, al quale con molta probabilità non si diede alcuna esecuzione perché pochi decenni dopo, la chiesetta, si presentava nelle medesime condizioni di precarietà.
Fu solo verso il 1928 che venne redatto un nuovo progetto. Esso precisava che già da tempo urgevano riparazioni in quanto la cupola era in "deplorevole stato", aggravata dalle infiltrazioni d'acqua nei mesi invernali.
I lavori in esame furono diretti da una apposita commissione e gli abitanti di Priora vi parteciparono attivamente con offerte e con lavoro personale.
Nonostante l'impegno profuso, la spesa fu superiore alle aspettative di 700 lire; la Confraternita pertanto fece appello alla Congregazione di Carità, affinché quest'ultima, constatata la riuscita dei lavori, concedesse un sussidio per  colmare il disavanzo.
La chiesa è a nave univa con copertura  voltata e lunettata in cinque scanzioni, si conclude in uno presbiterio quadrangolare cupolato, recentemente modificato rispetto alla sua rifondazione databile intorno al 1700.
Visibili sul lato sinistro due elementi marmorei murati databili intorno al XII ? XII sec., con molta probabilità resti di un ambone e due acquasantiere risalenti al 1775.
L'altare è in marmo policromo del fine 700, sormontato da un antico dipinto su tavola (fine ?600) raffigurante la Vergine con Bambino, S. Girolamo, S. Biagio, S. Vito, S. Modesto, S. Crescenzio. Inoltre si possono osservare, uno sul lato destro e l'altro su quello sinistro della navata, due piccoli ovali su tela molto deteriorati.
Il pavimento del presbiterio è in maioliche ottocentesche.
Sul lato destro della navata sono annessi tre ambienti di cui il primo comunica col presbiterio a mezzo di arco ribassato e gli altri due, con copertura a padiglione notevolmente lesionati, sono accessibili anche dal sagrato.
Il campanile la cui canna quadrata è occupata da una modesta scala elicoidale, che permette l'accesso alla cella campanaria, si sviluppa su tre registri. La sua cupola a pera è di fattura molto rustica.
La struttura muraria è mista con scheggiami di pietra di tufo.
La copertura della navata, soprastante la volta a botte, è a tetto, realizzata con capriate in legno e manto di tegole. La falda a S-E è prolungata fino a coprire i due vani adiacenti del XVIII sec. Il terzo ambiente, laterale all'altare, ha un proprio tetto ed una falda inclinata verso N-E.
La cupola della chiesa non è estradossata; nascosta in un tamburo circolare è coperta da un tetto a pianta circolare ed a falda a piramide. Alla base del tamburo si notano una serie di tegole le quali autorizzano l'ipotesi che la cupola fosse originariamente estradottata o che il tamburo sia stato costruito successivamente con funzione di protezione e, vi fosse in origine un diverso tipo di copertura.
Lungo tutta la superficie della chiesetta esiste un succorpo  complessivamente alto oltre mt. 3,50, il quale si approfondisce nella roccia calcarea.
L'ingresso della chiesa è rivolto a S-O e prospetta su un piccolo sagrato, limitato a sinistra da abitazioni e a destra dal campanile.


Chiesa: La Purità

Questa cappella, dedicata alla vergine detta della "Purità", è ubicata in località Li Simoni sulla collina del Capo di Sorrento.
Dalla Santa Visita di Mons. Giustiniani, 1888, risulta che agli inizi dell'800 questa cappella era di jus patronato.
Nell'anno della citata Santa Visita la Cappella si presentava in precarie condizioni, soprattutto la volta che era pregna di umidità. I lavori di ricostruzione eseguiti furono a carico di don Raffaele Andreassi e di Giuseppe Cancello comproprietari della cappella.
Non vi si ricordano celebrazioni di feste.
La cappella, a nave unica coperta da una volta a botte, presenta un solo altare, in legno, completamente rovinato; una tela di grandi dimensioni raffigurante la Vergine e non presenta sagrestia.
La copertura della navata, soprastante la volta  a botte, è a tetto, realizzata con capriate in legno e manto di tegole.
L'ingresso rivolto a Nord, in asse con la direttrice navata-altare, prospetta su un piccolo sagrato limitato a sinistra (guardando la chiesa) da un locale rustico e a destra da un piccolo arco in tufo, pseudo ingresso ad un gruppetto di case d'epoca mediovale.


Chiesa: S. Maria di Costantinopoli

La cappella di S. Maria di Costantinopoli, ubicata in località Capo di Sorrento, fu fondata agli inizi del 1600 dalla famiglia Capace (1).
In seguito, nel 1614, ci fu una lite tra i fondatori della cappella e la famiglia Nobilione, la quale sosteneva che i lavori di fondazione erano stati eseguiti grazie a oblazioni e donativi dei fedeli del luogo.
Dall'altro canto la famiglia Capace rivendicava il patronato sulla cappella facendo porre sul pavimento l'emblema della famiglia, il leone rampante coronato.
Al processo che seguì, la vera fondatrice risultò donna Livia Correale, antenata di Ercole Capace, la quale nel testamento aveva incaricato lo stesso Ercole Capace,a sovrintendere l'ultimazione dei lavori, in più stanziando altri 14 ducati.
Sempre nello stesso anno fu nominato il primo rettore della cappella nella persona di don Domenico Parente e nel 1768 essa unitamente al giardino adiacente passò alla famiglia Correale.
La cappella è ad aula unica con presbiterio cupolato su piante rettangolare. La cupola a scodella poggia sul tiburio con tre finestre rettangolari di cui una chiusa verso l'ingresso. L'aula rettangolare è voltata a sesto ribassato con due lunette soprastanti due aperture ad oculo.
L'unico altare, risalente al tardo ?700, è in marmo policromo ed è sormontato da una grande tela del pittore Carlo Amalfi,  con cornice a stucco, rappresentante S. Maria di Costantinopoli con Bambino ed ai lati angeli con anime del purgatorio.
Nella piccola navata, troviamo,due tele settecentesche raffiguranti l'una S. Giuseppe con Bambino e l'altra S. Ignazio di Loyola.
  L'aula conserva ancora l'originale pavimento maiolicato con al centro il leone rampante coronato e motivi floreali con alcuni clipei. I colori predominanti sono il verde acqua, l'azzurro, il viola e il giallo-arancione. All'ingresso, un'iscrizione sempre su maioliche, ci ricorda l'anno della pavimentazione: "joseph Capicius ingognus Mariae familum ornavit A.B. 1766".
Il presbiterio, dopo la balaustra marmorea, è pavimentato con maioliche raffiguranti, in un'ampia cornice ovoidale, un vaso con fiori.
Gli stucchi che coprono la volta e la cupola appaiono originali seppure con ridipinture avvenute nel tempo e restauri piuttosto recenti di mano molto corsiva.
Sul lato sinistro, adiacenti la chiesa, con ingressi indipendenti ma comunicanti con la zone dell'altare, due vani intercomunicanti, di cui il primo che funziona da sagrestia è coperto con due volte a vela, mentre il secondo, con medesime volte, conduce alla scala del campanile. Quest'ultimo è a pianta quadrata con al centro una scala a chiocciola in muratura, con un'apertura di luce che riempie tutta la canna del campanile. La cella campanaria è formata da quattro piloni quadrati, girati ad arco, che si concludono in una cupola rustica a forma di tolos. La struttura è di tufo ed appare originale del primo ?700.
     La fronte della chiesa è formata da due volute, con capitelli compositi, che incorniciavano un motivo decorativo oggi scomparso. Le volute sono sottostanti ad un oculo e al di sopra si osserva un cartoccio, tipo tardo ?600, sito al di sotto della cornice a sesto ribassato sormontato da volute incornicianti un motivo di lesene. Il tutto è in stucco tranne il portale in tufo che presenta su due lati due fasce a punta di diamante.
     L'ingresso della cappella è rivolto a Nord, in asse con la direttrice navata-altare, e si prospetta su un piccolo sagrato delimitato a sinistra, di chi osserva la chiesa, da un giardino, mentre a destra dalla via Calata Capo.

(1) Cfr., mons. PROVENZALE, Santa Visita.

 


Chiesa: S. Anna

I pescatori di Marina Grande, appartenenti alla Confraternita di S. Giovanni in Fontibus, con pubblica scrittura del 23 luglio 1697, notaio Carmine Sal. Mayr, dichiararono edificata la chiesa delle anime del Purgatorio, successivamente intitolata a S. Anna, che era stata iniziata dieci anni prima.
Essa fu benedetta dal decano mons. Domenico Pedagna per concessione conferitagli dall'arcivescovo Petra (1).
     Affinché potesse essere benedetta si provvide a dotare la chiesa di una rendita di ducati 20 annui: ducati 10 per una messa domenicale, ducati 4 per una messa festiva e ducati 6 per la cera ed altro occorrente.
La rendita della chiesa di S. Anna veniva, ed è ancora oggi, amministrata dai governatori eletti periodicamente tra gli iscritti alla confraternita di S. Giovanni in Fontibus i quali amministrano i soldi, che annualmente vengono donati dai pescatori di questo borgo marinaro, in percentuale ai guadagni della pesca.
     Questa Confraternita, sembra abbia origine remote, infatti nei decreti arcivescovili, per la festa del Corpus Domini del 1600, troviamo citata tale congrega (2).
La Confraternita fu fondata dai pescatori della Marina Grande e dai marinai della Marina Piccola; quest'ultimi nel 1831 si staccarono per formare una nuova congrega laicale sotto il titolo di S.Maria del Soccorso e delle anime del Purgatorio.

(1) cfr.Santa Visita mons. Calà, vol. I,pag.151
(2) cfr. Platea della Confraternita di S. Giovanni in Fontibus.

La confraternita di S. Giovanni in Fontibus, si riuniva nell'omonima cappella, di sua proprietà, nella chiesa Arcicattedrale di Sorrento.
E' da notare che questa cappella, pur restando tutt'oggi di proprietà della congrega, è stata data in uso all'amministrazione della chiesa Cattedrale di Sorrento (1).
Solo verso la fine del secolo scorso la Confraternita s trasferiva nella chiesa di S.Anna alla Marina Grande.

(1) cfr.Il Gabbiano n.6, a cura dei giovani della Marina Grande,Sorrento luglio 1977
    Nell'800, con l'incremento della popolazione di Marina Grande (un documento depositato nell'archivio della confraternita attesta che la popolazione il 24 ottobre del 1825 era composta da "600 anime"), furono apportati diversi lavori di ampliamento alla chiesa di S. Anna.
Nel 1855 si ultimarono i lavori della zona altare con la costruzione dell'altare maggiore e della balaustra, tutto in marmo colorato,per la somma di ducati 350. Sopra questo altare fu costruito un tempietto, con una nicchia ricavata nella parete fondale, dove fu posta la statua di S. Anna.
Questo altare fu privilegiato per concessione del Pontefice Leone XII.
Nel 1875 la chiesa fu prolungata di alcuni  metri verso il lato Nord e l'ingresso spostato più avanti, come oggi è possibile osservare.
Nel 1920, il governo della confraternita di S. Giovanni in Fontibus, incaricava l'ing. Felice Gargiulo a redigere un progetto per fare entrare più luce all'interno della chiesa. Fu costruito un'abside nella parete fondale a due nuove finestre.
Inoltre fino agli anni '30 furono eseguiti altri lavori tra cui vanno ricordati il restauro all'organo e all'abitazione del canonico e fu istallato l'orologio per comodità della popolazione. Alla realizzazione di questi lavori contribuirono in modo rilevante i confratelli residenti in Argentina, com'è possibile rilevare dal libro delle entrate della confraternita.
Nel 1938, con assenso ecclesiastico, la chiesa di S. Anna della Marina Grande veniva consacrata parrocchia e riconosciuta civilmente tale nel 1945.
S. Anna, veniva e viene tutt'oggi celebrata con una grandissima festa, la domenica successiva il 26 luglio per privilegio accordato dal papa Pio IX con Breve del 11 maggio 1851.
Attualmente la chiesa si presenta, dopo varie modifiche effettuate sull'impianto originale, ad aula unica rettangolare, coperta da volta a botte in tre scanzioni e si conclude in un presbiterio anch'esso rettangolare con abside.
La copertura della navata, soprastante la volta a botte, è a tetto; tale copertura è realizzata con capriate in legno e tradizionale ordinatura secondaria a manto di tegole.
L'ingresso principale della chiesa è rivolto a Nord, in asse con la direttrice navata-altare. Ad essa si può accedere anche da un piccolo ingresso secondario sul lato Ovest.
Sul lato sinistro della navata, si sviluppano due ambienti comunicanti fra loro:il primo viene utilizzato come sagrestia con accesso alla zona altare, mentre il secondo ha funzione di cappella ed è coperto da una volta a botte.
Vicino all'ingresso,sempre sul lato sinistro è ubicato un piccolo ambiente rettangolare che tramite una scala a chiocciola in legno, raggiunge la cella campanaria la quale si sviluppa su due registri ed ha una cupola a forma di pera, recentemente restaurata.
Inoltre, lungo la scala a chiocciola, troviamo un vano, che da l'accesso al coro, posto sopra l'ingresso della chiesa.

Negli ultimi anni,la zona altare è stata smembrata per formare, secondo la nuova liturgia,la mensa per celebrare la messa.
L'ingresso si prospetta su un sagrato, limitato a sinistra (guardando la  chiesa) da abitazione e a destra da un violetto.


Chiesa: S. Maria del Soccorso

In località Marina Piccola, che nei documenti antichi veniva indicata col nome di Portus Capitis Cerbuli, esiste la chiesetta dedicata a S.Maria del Soccorso.
Non si conosce la data della sua fondazione; Capasso nota che essa esisteva nel 1577 sotto il titolo di S. Leonardo (1).


(1)cfr. B. Capasso, Il Tasso e la sua famiglia, pag. 170
Pasquale Ercolano, esaminando le varie Sante Visite e i documenti riguardantila chiesetta della Marina Piccola, conservati presso la curia Arcivescovile, trovò un documento sul quale c'era scritto:"Cappella sub vocabolo sancti Lenardi, sita in marittima Capitis cerburi, die 29 mensis aprilis 1618" (1).
La data risulta di grande importanza;infatti, pochi anni dopo cessò al pubblico il culto di S. Leonardo e fu sostituito da quello di S. Maria del Soccorso. Ciò è confermato dal quadro della B. Vergine del Soccorso, dipinto dal sacerdote Andrea Scarpato, sul quale in calce si legge: "Inea Icone B:V: de Succurso in calce cuius inscriptio B. Andreas Scarpatus indignus sacerdos pingebat a domini 1625".
Nel 1678, un editto dell'arc. Paolo Suardo proibì che la festa della B.V. del Soccorso venisse rimandata al 15 di agosto, giorno dedicato all'Assunta titolare della Cattedrale di Sorrento.
Nel 1715 fu costruito il campanile, provvisto di due campane, le quali furono fuse in una nel 1904, mentre un'altra fu costruita grazie al contributo di un turista tedesco.
Nel 1831 i marinai della Marina Piccola, si scissero dalla Confraternita di S. Giovanni in Fontibus, e formarono, nella chiesa suddetta, una congregazione laicale sotto il titolo di S.M. del Soccorso e delle anime del Purgatorio. Dopo l'Unità,con l'estensione al mezzogiorno delle leggi Siccardi, sulla dissoluzione dell'Asse Ecclesiastico, il7 luglio 1866 il governo, incamerava i beni della chiesa e la Confraternita veniva incorporata dalla congrega di Carità o E.C.A.
A causa della costruzione della strada Luigi de Maio (1898), un locale costruito nel 1858, adiacente la chiesa, e il campanile subirono delle trasformazioni.
La festa della B.V. del Soccorso, con processione per mare viene celebrata la prima domenica di agosto.
La chiesetta di S. Maria del Soccorso è ad aula unica, coperta da volta a botte ed è ricavata quasi completamente dalla roccia tufacea.
Attualmente sulla copertura della volta a botte sono stati costruiti alcuni ambienti.
L'ingresso della chiesa rivolto a Nord non è in asse con la direttrice navata-altare. Esso si prospetta su un piccolo sagrato, limitato a sinistra (guardando la chiesa) da abitazioni e a destra della via Luigi De Maio.
Accanto all'entrata (sulla destra di chi entra), è ubicato un piccolo vano che immette nella sagrestia coeva all'impianto.
Vi è un solo altare, in marmo policromo, con balaustra.
Il pavimento, in lastroni di marmo, è stato messo in opera da una decina d'anni.Nel 1980, la chiesetta è stata completamente restaurata.  


(1) cfr. P. Ercolano, Portus Capitis Ceruli ? Marina Piccola, pag. 53


Chiesa: S. Onofrio

Le prime notizie dell'esistenza della chiesa dedicata a S. Onofrio risalgono  al 1640. Anticamente essa era di diritto patronato delle famiglie di Marano e Casamicciola, le quali ogni anni si riunivano, nel giorno della festività di S. Onofrio, per nominare due governatori ai quali affidare l'amministrazione delle scarse rendite della chiesetta.
L'interno si presenta ad aula unica voltata a botte con rifacimenti in stucco del ?900. Il pavimento, in mattonelle maiolicate, a motivi geometrici e floreali, notevolmente usurato, è del 1885; l'originaria pavimentazione era un manto di lapillo battuto. L'altare maggiore l'unico della chiesetta, è interamente di marmo e fu fatto costruire nel 1881, in sostituzione di un altro in fabbrica.
Quattro grandi tele raffiguranti S. Onofrio, la Nascita e la Deposizione dalla Croce di Cristo, la Natività e l'Assunzione di Maria Santissima adornano la piccola navata.
La chiesa non possedeva beni stabili ma solo piccole rendite, come quella su un terreno sito al Campitiello in Sorrento, di proprietà del conte di Terranova, Francesco Correale.
In precedenza la chiesa presentava, sul lato sinistro, un campanile con sagrestia che furono abbattuti per dar luogo all'apertura della strada B. Papasso. Al citato campanile vi si accedeva dalla sagrestia mediante una scala di piperno a lumaca, che immetteva alla copertura della sagrestia e da qui tramite un'altra scala al campanile. Analoga sorte subì anche la scalinata d'ingresso alla chiesa in quanto, per i lavori di allargamento della strada provinciale dovette cambiare la sua struttura rispetto a quella originaria di scala a ferro di cavallo.
La costruzione del nuovo campanile, sul lato opposto, di dimensioni minori a quelle del precedente, ei lavori di restauro della chiesa furono eseguiti grazie alle offerte degli abitanti di Marano; alle spese contribuì anche il municipio sorrentino, a rimborso dei lavori per l'apertura della strada B. Capasso.
 Vanto della chiesetta di S. Onofrio è la facciata del tardo barocco con portale in tufo pipernoide e motivi decorativi in stucco. La parte superiore al di sopra del fastigio presenta una struttura a volute e pinnacoli che racchiude il retrostante tetto a due falde.
La chiesta con i suoi stucchi è un documento raro di gusto rococò richiamante il settecento leccese che non ha quasi riscontro nell'ambiente napoletano.
L'ingresso è rivolto a Sud.


Chiesa: S. Maria de Restilianis

Questa cappella, ubicata in località Rotonda ha origine antichissima; infatti è menzionata in un'iscrizione del 1303, riferita dall'Ughelli in Lubren e riportata dal Capasso:
In nomina Dei et Beatae Mariae.
An. Dom. M.JJJ (J 1303) Ind. Prima Nos
Franciscs humilis Lubrensis Episcopus in octava S. Martiri Cristi Confessoris
Consecravimus Ecclesiam S. Mariae de Restilianis de loco Marani in Qua
Concessimus XL dies de indulgetiain perpeuum (1).
La cappella è dedicata a S. Maria de Restilianis, la cui festa ab immemorabile si celebrava l'8 settembre.
Essa era di jus patronato della famiglia Auriemma a cui spettava il compito di nominare il rettore.
Vi era una cappellania fondata dal can. Perso nel 1662, con l'obbligo da parte del capitolo di nominare il cappellano.
Per le messe domenicali e festive vi era una dote di mille ducati (al cappellano andavano 32 ducati) e un'ulteriore rendita derivante da cinque cespiti serviva per le messe feriali; il primo censo fu donato da Dante Correale nel 1577. Con gli anni, i citati cespiti, destinati alle messe feriali, furono utilizzati per quelle festive e domenicali.
La cappella si presenta a forma ovale ed è coperta da una cupola. La copertura della cupola è a tetto, realizzata con capriate in legno e tradizionale ordinatura secondaria a manto di tegole.
La costruzione è tutta in tufo.
L'ingresso rivolto a S-E, in asse con la direttrice navata-altare, si prospetta sulla via Rotonda. La rimanente parte della cappella è confinante con un giardino.
Oltre all'altare maggiore in fabbrica vi è un altro altare in tufo e quattro nicchie.
Al centro della cappella vi è una sepoltura suggellata fin dal 1837.
Ha un piccolo campanile con due campane delle quali si ignora però, se, e da chi siano state benedette.
Un piccolo vano, vicino all'ingresso, sulla sinistra di chi entra, conduce alla sagrestia coeva all'impianto.
Il sisma del 23.11.80, ha provocato l'aggravamento dello stato di degrado. Infatti la cappella presenta una lesione verticale che dalla sommità della facciata discende all'architrave del portale d'ingresso; inoltre sono visibili lesioni in chiave all'altezza della zona-altare e lesioni verticali ai muri della sagrestia e alla stanza di sopra.
Per il consolidamento e il restauro, la cappella, è stata inserita nel piano di recupero per la località "La Rotonda" redatto dall'arch. Antonino Fiorentino e con parere favorevole della Soprintendenza è stato approvato dal consiglio Comunale il 26.5.82.

 


Chiesa: S. Pietro a Mele

La costruzione di questa chiesa, secondo la tradizione sorrentina, è da collegarsi alla venuta, peraltro non storicamente accertata, di S. Pietro a Sorrento.
Si pensa, infatti che la chiesa fu eretta nel sito di un ipogeo pagano, dove l'apostolo predicò.
Come per altri edifici religiosi, anche per questa chiesa è da lamentare purtroppo la mancanza di documenti anteriori al 1558 (1).
Il più antico documento conosciuto, dove se ne fa menzione, risale alla Santa Visita del 1580, in essa l'arcivescovo del tempo, mons. Donzelli, riconfermava in carica il rettore. Lo stesso arcivescovo dopo la Santa Visita, il 21 novembre 1581, ne ordinava la profanazione, probabilmente per il pessimo stato della fabbrica.
Nessuna notizia si ha della chiesetta nel ?600.
Nel 1721, l'arcivescovo Filippo Anastasio, memore del notevole patrimonio storico-religioso che questa chiesa rappresentava per l'antica diocesi sorrentina, la fece restaurare.
Una prima anche se sommaria descrizione della chiesa risale alla Santa Visita di mons. Pepe del 1762.
L'edificio era ornato da un portale di piperno e da uno altare in marmo policromo. Oltre al dipinto ad olio raffigurante S. Pietro vi era un affresco sul tema della Concezione. La chiesa era a due navate e sotto una di essa passava la vecchia e stretta via pubblica.


(1) Il 13 giugno 1558, le città di Sorrento e Massa Lubrense, furono saccheggiate e devastate da un'incursione turca agli ordini di Pialì Bassà. Gli archivi dei monasteri,delle chiese e della curia arcivescovile andarono distrutti.
Nel 1843, resosi necessario l'ampliamento della citata via,la chiesetta fu demolita completamente.
Durante il conseguente sterro furono rinvenuti numerosi cadaveri sicuramente appartenenti ad una necropoli romana, successivi ritrovamenti ne precisarono i caratteri.
A spese del Municipio di Sorrento la chiesetta fu ricostruita in forma ottagonale e fu adornata con stucchi lucidi, di riscontro ne furono limitate notevolmente l dimensioni. (1).
Per questo motivo sorse una disputa tra il rettore della chiesa e il sindaco di allora De Maio, l'esito risultò sfavorevole al rettore.
Molti tentativi furono fatti per ingrandire la chiesetta, tutti, però, vanificati dall'indisponibilità dei proprietari dei fondi limitrofi a concedere il terreno necessario per l'ampliamento.
Agli inizi del'900, la chiesa, divenuta insufficiente ai bisogni della popolazione della borgata di Sottomonte furono avviati i lavori di ampliamento sotto la direzione dell'ing. Luigi Amalfi, il quale offrì gratuitamente la sua opera.
Durante i lavori di sbancamento vennero alla luce una gran quantità di stele marmoree con epigrafi funerarie pagane, una alla cineraria ripiena, ed altri oggetti evidente conferma del sepolcrato pagano (2).
Tali reperti furono conservati al Museo Correale, che in cambio offrì le due antiche colonne che ornano l'attuale facciata ella chiesa.
Il 7 giugno del 1912, mons. Giustiniani, arc. Di So0rrento, gettava la prima pietra della uova chiesa, alla presenza dei sindaci di Sorrento e S.Agnello.

(1) cfr., P. Gabriele, La chiesetta di S. Pietro in vincoli, pag.24
(2) cfr., O. Marucchi,Conferenza storica archeologica, pag. 30.

 


Chiesa: S. Maria di Casarlano

La chiesa, intitolata a S. Maria di Casarlano, secondo la tradizione, fu costruita intorno al 1425,in seguito al ritrovamento di una immagine affrescata della Madonna, dagli abitanti delle contrade di Casola, Lavaturo, Cesarano e Baranica,sia con offerte che con lavoro personale.
Agli inizi la chiesa fu governata da un rettore e dal 1471 all'arcidiacono sorrentino Curiale.
Nel 1497 vi presero dimora i Padri Domenicani di S. Pietro Martire di Napoli, che governarono la chiesa con l'annesso convento fino al 1568, anno in cui detti Padri si trasferirono al convento di S. Vincenzo prima denominato di S. Giorgio.
La fabbrica conventuale di Casarlano fu dichiarata grancia ed aministrata ugualmente dai Domenicani.
La chiesa fu consacrata ai santi martiri Fabiano a Sebastiano per opera del vescovo di Bova Donato Correale nel 1546.
L'immagine miracolosa della Madonna di Casarlano "meritala fervida devozione non solo de' naturali de' circonvicini Casali e di Sorrento, ma anche de' Sovrani del nostro Regno, che non furono scarsi di largizione e di elemosine verso la medesima (1).
Si ha memoria che Ferdinando il Cattolico l 28 maggio 1507 concesse in perpetuum, a titolo di elemosina, al suddetto monastero, 24 ducati annui sulla dogana di Castellammare di Stabia.


(1) cfr., B. Capasso, Memorie storiche della Chiesa Sorrentina pag. 131
Tra il 1620-21 aderendo alle istanze dei fedeli di Casola, Cesarano, Lavaturo e Baranica, mons. Angrisani, innalzò a parrocchia la chiesa di S. Maria di Casarlano e concesse ad un frate domenicano, che dimorava nel convento, la facoltà di poter amministrare tutti i sacramenti all'infuori del Battesimo.
I Domenicani ebbero la cura delle anime della parrocchia fino al 1653 anno in cui Pio V con bolla papale soppresse i piccoli monasteri.
Vi fu istituita la Congrega del SS. Rosario, come attesta una lapide sepolcrale sulla quale sono raffigurati alcuni confratelli con la corona in mano (A. D. MDCXXXVI); attualmente, tale lapide, è impiegata a modo di compagno nella sagrestia della chiesa.
Nel 1745, con regio assenso, fu approvato il Monte del SS. Sacramento, sotto la tutela di Maria Immacolata, e arricchito di indulgenza da Benedetto XIV.
Nella chiesa, oggi, vi sono tre altari: uno, alla sinistra di chi entra, dedicato a S. Maria Immacolata,l'altro a destra dedicato a S. Valerio vescovo sorrentino;  infine l'altare maggiore dedicato a S. Maria di Casarlano, in marmo policromo.
L'altare dedicato a S: Valerio è di antica fondazione in quanto, prima del 1518 esisteva accanto alla chiesa una estaurita, fondata da alcune famiglie sorrentine,e donata alla chiesa di Casarlano unitamente ad altri beni.
La donazione fu vincolata all'obbligo di far costruire nelle chiesa un altare dedicato appunto a S.Valerio. Inoltre fu stabilito che nel giorno della festività del Santo si distribuisse ai poveri della parrocchia vino, pane e fichi secchi e fu anche disposto di pagare ogni anno una dote di 12 ducati per il maritaggio delle fanciulle discendenti dalle famiglie che avevano fondata l'estaurita. In seguito la somma stabilita fu elargita alle ragazze della parrocchia.
Verso il 1860 la chiesa di presentava a due navate; la grande era in comunicazione con la laterale, sul lato destro, mediante tre archi, in seguito tompagnati per rendere più simmetrica la chiesa. La navata laterale era adibita già dal 1745 a sede del Monte del SS. Sacramento, vi si preparava il Santo Sepolcro e si svolgevano altre funzioni quando la navata grande era occupata. Questo almeno fino al 1865, anno in cui la Congregazione di Carità incamerò i beni del Monte medesimo.
Questa parrocchia ha la facoltà di poter eleggere il proprio parroco.
La chiesa è a navata unica con sei pseudo cappella di cui, quella sul lato destro, di chi entra ricavata dalla chiusura degli archi che comunicavano con la navata laterale.
Il presbiterio è cupolato con arco di trionfo su colonne a stucco di finto granito  con capitelli di stile  corinzio.
Il soffitto con intavolato è dipinto a motivi architettonici, clipei alternati a quadrati con lato circolare. Trattasi di dipinto su carta supportata da legno. Notevoli le degradazioni per vetustà e infiltrazione d'acqua.
Sull'altare maggiore, in una nicchia, è posta l'immagine di S. Maria di Casarlano, affresco a secco rinascimentale, sormontata da una cornice tardo cinquecento in marmo policromo.
L'aula laterale, oggi divisa in diversi ambienti adibiti a vari usi (refettorio,  deposito, scuola materna) è di impostazione tardo quattrocento, ciò è confermato da alcuni motivi decorativi (venuti alla luce durante recenti lavori di tinteggiatura), paraste ed architravi in tufo pipernoide di gusto rinascimentale e a un capitello in tufo leggero con il classico motivo della foglia, in analogia con i capitelli de sedili Dominava e di Porta e della soggetta di Vico Galantariato.
Tali ambienti sono del tipo voltato a crociere ed in uno di questi vi sono tracce di affresco a secco, tardo quattrocento, rappresentante la Madonna col Cristo deposto dalla croce con ai due lati Santi in preghiera. Notevole lo stato di degrado dell'affresco per l'umidità dal muro.
L'ingresso è rivolto a Ovest e prospetta su un piccolo sagrato delimitato dal lato destro dalla canonica.
La facciata della chiesa è del 1945; il campanile, invece, restaurato più volte si sviluppasi tre registri.


Chiesa: S. Biagio

La cappella di S. Biagio, ubicata in località Baranica, appartiene al distretto della parrocchia di S. Maria di Casarlano.
Dalle Sante Visite degli arcivescovi le notizie risultano pochissime e frammentarie.
L'origine di questa   cappella ignota; le prime notizie si riscontrano nella Santa Visita di mons. Baldini 1592 fogl. 90, dalla quale si rileva che la cappella era di nuova costruzione, coperta da tetto, lungo palmi 34 e larga 18, con tre altari, nessuno patronato, ed era stata dotata di assenso da  mons. Fonzelli.
Nel 1690 un certo Francesco Ciurlone le donò un fondo rurale con casa colonica; col passare del tempo la rendita della cappella aumentò notevolmente grazie alle continue donazioni.
Nell'archivio comunale di Sorrento, fondo E.C.A. si trovano diversi documenti riguardanti i titoli di rendita della Cappella di S. Biagio. Infatti essa apparteneva alla congregazione di Carità del Comune di Sorrento.
Da pochi anni, la cappella, è stata ristrutturata esternamente.
Essa si presenta ad aula unica, a forma rettangolare, con copertura piana. La copertura della navata è a tetto. L'altare è in muratura.
L'ingresso è rivolto a Nord in asse con la direttrice navata-altare.
Vicino all'ingresso, sulla destra di chi entra, è ubicato un piccolo vano che immette alla sagrestia coeva allo impianto.


Chiesa: S. Maria di Montevergine

La cappella di S. Maria di Montevergine, ubicata in località Cesarano, fu fondata da Antonio e Bartolomeo Tancelli intorno al 1610, in un ambiente sottostante la loro abitazione.
Essa era lunga mt. 11 e larga mt. 4 e divisa in quattro parti da tre archi. L'altare maggiore era in piperno sormontato da un antico dipinto di S. Maria di Montevergine.
I fondatori dotarono la cappella, oltre che degli arredi e suppellettili necessari, anche di alcune rendite e proprietà.
I cappellani si alternarono nel corso degli anni, tra gli altri si ricorda don Costanzo Valestra, 1733, il quale fece domanda alla Curia di ducati 45 per eseguire i lavori per i danni causati dal terremoto del 1732.
Agli inizi del novecento iniziarono i lavori per la costruzione della nuova chiesa di Cesarano, grazie all'aiuto degli abitanti del rione che contribuirono con offerte e lavoro personale. La vecchia cappella fu adibita a deposito.
La nuova chiesa, di fattura rustica, è ad aula unica con copertura piana;sul lato destro si sviluppano alcuni ambienti adibiti a sagrestia; i locali sottostanti ad essa sono usati come circolo ricreativo per la popolazione.


Chiesa: S. Anna

La cappella di S. Anna, ubicata in località Atigliana, non è registrata nelle antiche visite degli arcivescovi. Si comincia a trovare qualche notizia nella Santa Visita di mons. Pepe, 1762, dalla quale si rileva che, in quegli anni, la cappella era di jus patronato della famiglia Donnorso, compresa la proprietà limitrofa.
In seguito, la cappella e il fondo, diventarono proprietà dei Mastrogiudice fino al 1832, anno in cui, furono espropriati dal tribunale e venduti ad un certo Luigi Gargiulo dimorante in Napoli.
Nel 1871, con la partecipazione dei fedeli, furono effettuati diversi lavori di restauro, e in particolare al tetto che era cadente.
L'ingresso della cappella, rivolto ad Ovest, con l'asse direttrice navata-altare, si prospetta su un piccolo spazio delimitato dal lato sinistro (di chi osserva la chiesa) da un giardino, mentre dal lato destro dalla via pubblica.
L'altare, in marmo colorato, fu fatto costruire nel 1762, prima era in legno; sopra di esso si può ammirare l'affresco raffigurante S. Anna.
Sul lato destro dell'altare vi è un  vano che conduce alla sagrestia, sulla quale si eleva il piccolo campanile. L'organo, ubicato sopra l'ingresso, fu fatto costruire nel 1844 da Luigi Gargiulo, il quale fece allungare di alcuni metri la cappella. Essa riceve luce da due ovali laterali. Il pavimento, con al centro lo stemma gentilizio della famiglia Donnorso, è in mattoni, diversi dei quali patinati.
Attualmente la cappella è di proprietà privata.

 

Chiesa: S. Lucia

Di questa chiesa, consacrata a parrocchia da mons. Raffaele Pellecchia con decreto del 21 febbraio 1975, se ne ignora il fondatore e l'anno dell'inizio della sua costruzione.
Essa era di proprietà dei padri domenicali di S. Pietro Martire di Napoli, che oltre all'esercizio ed alla amministrazione del convento di S. Maria di Casarlano, si occupavano anche del buon andamento della piccola chiesa dedicata a S. Lucia in contrada Fuorimura.
Fu solo nel 1652 che si vietò, per volere del pontefice Innocenzo X, ai Domenicani ogni cura della citata chiesa Mons. Antonio del Pezzo (1642 ? 1649) provvide alla nomina di un rettore, e ciò diede origine ad una lunga ed aspra lite con i citati Padri, che vantarono invano il diritto patronale della chiesa.
Nel 1704 il can. Falangola vi istituì una rettoria con dote di ducati 340, ma nel 1858 la chiesa passò dalla famiglia Falangola a quella Galano che, la fornì, di suppellettili ed arredi sacri.
Lavori di restauro ai muri ed alle fondamenta della chiesa furono realizzati dal 1942 al 1960.
La chiesa è ad aula unica a croce latina, completamente ristrutturata in epoca recente, e presenta su entrambi i lati due pseude cappelle.
La zona altare è coperta da volta a botte lunettata, con in fondo un'alta nicchia con la statua di S. Lucia.
Dalla pseudo cappella, a sinistra di chi entra; si accede alla cella campanaria, la cui canna è a base quadrata e la cupola a pera è ricoperta da embrici di colore giallo e di forma quadrata.
Dall'altra cappella, a destra, si accede alla sagrestia e da quest'ultima ad alcuni ambienti superiori.
Le pareti, intonacate, sono rivestite di lastre di pietra Trani fino ad una altezza di circa mt. 1, mentre il pavimento è dello stesso materiale con lastre di cm. 50 x 50.
Il soffitto è di legno riquadrato con cornici bugnate, imitanti soffitto a cassettone.
Gli unici resti della chiesa di impianto barocco sono costituiti da alcuni elementi della balaustra in marmo, recentemente  smembrati per formare, secondo le nuove liturgie, lamensa per celebrare la messa.
Va precisato, però che gli ultimi miglioramenti eseguiti (pavimentazione, rivestimenti e tinteggiatura) non hanno contribuito a migliorare e ad abbellire l'aspetto della piccola chiesa.


Chiesa: S. Antonio

La chiesa di S. Antonio, ubicato alle falde del monte omonimo alla periferia della città, fa parte della vecchia fabbrica conventuale adibita a casa di riposo per anziani della penisola sorrentina "Soggiorno S. Antonio".
In origine la chiesa era sotto il titolo di S. Eufemia compresa la confraternita ivi eretta, che in seguito assunse il nome di S. Pietro (1). La confraternita nel 1562 cedette la chiesa ad alcuni locali annessi ai Padri Conventuali di Napoli. Essa riservò per se soltanto alcuni locali, usati come luogo di riunione e sede d?archivio.
I Padri Conventuali iniziarono i lavori di ristrutturazione del convento e della chiesa, inoltre introdussero la festività di S. Antonio di Padova facendone costruire la statua che posero in una nicchia soprastante l'altare maggiore. E' probabile che l'introduzione del culto di S. Antonio portò alla perdita dell'antico titolo di S. Eufemia (1581).
Una delle clausole, dell'atto di cessione del convento ai Padri Conventuali, prevedeva la restituzione dei beni alla confraternita di S. Eufemia, in caso di soppressione dell'ordine dei Padri Conventuali.
Infatti nel 1808, con la soppressione degli ordini religiosi, anche quello del convento di S.A nonio fu sciolto. La confraternita, però non rivendicò i suoi diritti e di conseguenza il Demanio Regio incamerò tutti i beni, mise in vendita il giardino circostante e cedette alcuni locali al municipio di Sorrento.
In seguito l'arcivescovo mons. Calà (1805 ? 1817) affidò la chiesa ad un rettore da lui nominato, indipendente dal padre spirituale della confraternià. Mentre mons. Apuzzo si interessò della chiesa e del convento alla confraternita, escluso il giardino che era stato venduto in precedenza. Tutto questo fu stabilito con atto del notaio Cariello di Sorrento: la confraternita rientrò nuovamente in possesso della chiesa e del convento, la rettoria venne affidata al padre spirituale della confraternita.
Nel 1836, a causa di una epidemia colerica che imperversò non soltanto nella penisola sorrentina, il giardino circostante la chiesa venne adibito a cimitero per i colerosi.
Nel 1877 diversi locali del convento furono concessi, con atto del notaio Nicola Stiffa, al padre Calogero, che li adibì a casa di lavoro per giovani orfane della penisola sorrentina. L'iniziativa intrapresa da padre Calogero, però, non ebbe l'effetto sperato e la cessione temporanea fu trasformata in enfiteusi perpetua in favore di mons. Giustiniani che, nel 1886, vi istituì il mendicicomio per invalidi al lavoro e vecchi abbandonati.
La cura degli anziani ed il buon andamento dell'istituto furono affidati nel 1889, su invito dello stesso mons. Giustiniani, alle suore Serve dei Poveri, che ancora oggi assolvono con zelo il delicato incarico.
Nel 1918 la casa di riposo, eretta in Ente Morale, fu annoverata tra le istituzioni pubbliche di Assistenza e Beneficenza con amministrazione autonoma, il cui consiglio di amministrazione ancora oggi è composto dal presidente, che è di diritto l'Arcivescovo, o un delegato, e da quattro consiglieri, nominati dall'arcivescovo e dal consiglio comunale di Sorrento.
La chiesa, databile agli inizi del ?700, si presenta a tre navate con sei piccole cappelle; il soffitto, in buone condizioni, è con controsoffittatura in tela completamente integra nelle sue partizioni architettoniche e figurali, con dipinti di angeli e santi tra cui S. Eufemia. Il pavimento è in lastroni di marmo, mentre in origine si presentava in mattoni tra i quali quelli di centro raffiguravano un leone rampante con al di sotto impresso l'anno 1758.
L'altare maggiore è tutto in marmo  con tre scalini ed è privilegiata in perpetuo per concessione di Benedetto XIV, come attesta una lapide marmorea posta dietro l'altare. A destra nella prima cappellina, un tempo era visibile un altare in legno sormontato da un quadro raffigurante la Vergine con i due apostoli Pietro e Paolo. Oggi al suo posto è situato il busto marmoreo di mons. Giustiniani e le relative spoglie.
Nella seconda cappella si osserva un altare in marmo sormontato da una nicchia ove si conserva la statua di S. Pietro apostolo. Nella terza invece è visibile un altare in stucco, imitante il marmo, con soprastante un polittico su legno raffigurante la Vergine e S. Antonio, datato 1599, e sei riquadri rappresentanti il martirio di S. Eufemia.
Sul lato opposto nella prima delle cappelline, vi è un raffigurante il Cristo crocifisso, S. Antonino e S. Eufemia. La terza cappella appartenente in origine alle famiglie Guardati e Falangola, come attesta una iscrizione marmorea per la sepoltura dei coniugi Tommaso e Ippolito Falangola.
Nei locali della sagrestia, ambiente con volta a botte lunettata, si conservano due tele tardo ottocento rappresentanti S. Pietro e la Deposizione del Cristo.
Il portale d'ingresso è in tufo pipernoide con alcuni motivi architettonici di volute al di sopra dell'architrave.
L'ingresso è rivolto a Sud in asse con la direttrice navata-altare.

Ultimo aggiornamento

30/09/2022, 14:04